Trovandomi in Sardegna per una breve vacanza, ho deciso di visitare personalmente il complesso archeologico di Santa Cristina, nel comune di Paulilatino, Provincia di Oristano.
Avevo già letto su varie pubblicazioni di questo complesso che conserva costruzioni di periodi compresi tra l’età Nuragica e il Basso Medioevo, ma solo la visita diretta può dare un idea del grande insieme di simboli che sono racchiusi nella costruzione più importante dell’intero sito: Il pozzo.
La costruzione risale a circa 1200 anni Prima di Cristo, e il fatto di essere così vetusta rende ancora più grande la meraviglia di chi osserva, se si considerano le complesse simbologie e la perfezione esecutiva di quell’opera.
Va tenuto presente che il pozzo è in realtà un tempio o comunque un luogo sacro ed allo stesso tempo una sorta di orologio cosmico costruito per celebrare rituali di cui non sappiamo nulla; sicuramente non serviva all’approvvigionamento idrico, dato che nel villaggio nuragico è presente una fonte perenne ed il sottosuolo come spesso accade in zone basaltiche, è ricco di acqua.
Il pozzo è circoscritto da un recinto di pietra di forma ellittica che ne contiene un altro a forma rettangolare in cui la parte terminale a Nord si chiude non prima di essersi allargata fino a formare un cerchio.
Scendendo una scalinata a forma di trapezio, composta da 24 scalini , con soffitto a gradoni, in numero di 12, si raggiunge il livello dell’acqua, sormontato da un camino che ha la forma di un collo di bottiglia. Le pietre che sono state utilizzate per costruire le pareti della scalinata sono in basalto e sono perfettamente levigate e squadrate e disposte leggermente in aggetto rispetto alla verticale; stesso materiale per il camino a forma di bottiglia, con un foro terminale di una trentina di centimetri, posto in perfetta verticale al fondo del pozzo e che si apre a livello del terreno circostante, incorniciato da un cerchio di pietre.
A Prima vista la mia impressione, forse viziata da recenti letture, è stata quella di trovarmi di fronte ad una specie di forno alchemico, ma girandomi per risalire la scala (secondo l’ora solare , mancavano pochi minuti a mezzogiorno), mi sono trovato il sole in faccia, perfettamente allineato con la scalinata, voltandomi di nuovo verso il fondo ho potuto notare che l’intera superfice dell’acqua era illuminata direttamente dai raggi solari, salvo la parte che si trovava coperta dalla mia ombra.
Parlando con una guida del luogo sono venuto a sapere che durante un recente scavo nel vestibolo del pozzo sono venute alla luce due statuette di sicura provenienza siriaco-palestinese, coeve alla costruzione del pozzo stesso.
Renè Guenon nel suo “Simboli della scienza sacra” definisce il significato Etimologico di “Siria” come “terra solare”, e parla dei Fenici come veicolo di diffusione nel bacino del Mediterraneo di simbologie riferite a quell’astro anche attraverso il culto della dea Tanit, ampiamente diffuso in età nuragica in Sardegna.
Approfondendo lo studio con la lettura dei pochi testi rintracciabili sul Pozzo di Santa Cristina, altri particolari sorprendenti portano a riflettere: la scalinata del pozzo e’ perfettamente orientata verso Sud (recenti misurazioni danno un azimut di 153°), ogni 18 anni e mezzo quando la Luna raggiunge la sua massima distanza dall’equatore celeste è possibile vedere, durante i mesi di Dicembre e di Gennaio, l’immagine della Luna piena, che attraverso il camino, viene perfettamente riflessa dall’acqua del pozzo.
L’inclinazione della scala d’accesso al pozzo (38° rispetto all’orizzonte) fa si che alla fine dell’inverno, a fine febbraio e all’inizio dell’autunno, il sole sia perfettamente tangente alla scalinata fino ad arrivare allo specchio d’acqua: è di questo evento che sono stato casualmente testimone.
Un’altra sorprendente ricchezza simbolica e’ data dalla forma trapezoidale della bocca d’accesso al pozzo, rifinita ai bordi a livello del terreno, con lastre di basalto disposte in modo da creare quasi una frangia a zig-zag che accentua l’impressione di trovarsi di fronte ad una sintesi grafica della luce e del calore solare.
Il Pozzo visto dall’alto è praticamente identico alle rappresentazioni iconografiche della dea Tanit in epoca nuragica.
Per concludere: il sole tocca l’acqua, che attraverso un pozzo a forma di collo uterino viene sfiorato periodicamente anche dall’immagine lunare, tutto riporta alla ciclicità, al continuo rinnovamento della terra e del cosmo attraverso la più elementare metafora, quella della fecondazione. Grazie ad una serie di simboli si arriva quindi a spiegare un concetto.
Questa spiegazione è concepita come modello tridimensionale (funzionante) che esprime attraverso la simbologia particolare utilizzata, l’iconografia-assunto della dea Tanit, un’unica grande metafora: il ventre (inteso come terra e acqua), fecondato dalla congiunzione ciclica Sole-Luna.
Le conoscenze che hanno portato uomini di 32 secoli fa a studiare, progettare e rappresentare architettonicamente un insieme di simbologie composte da immagini, numeri, geometrie, metafore, sono sorprendenti.
Fabio Cappellini
Lascia un commento